L’area oggi occupata da piazza del Duomo è impiegata da un complesso episcopale che si sviluppa a partire dal IV secolo d.C., cancellando antiche strutture pubbliche e abitazioni civili, fino a comprendere tra il V e il IX secolo d.C. più luoghi di culto, il palazzo vescovile e una serie stratificata di edifici di cui oggi sono conservate poche testimonianze. Attestata dagli scavi archeologici è la presenza di almeno due Cattedrali, Santa Maria Maggiore e Santa Tecla, e due Battisteri, San Giovanni alle Fonti e Santo Stefano alle Fonti.

Il Museo del Duomo di Milano è sicuramente una delle collezioni più rappresentative della storia di Milano e dei suoi abitanti, immenso custode dell’arte e della devozione in tutte le fasi secolari della costruzione del monumento più imponente della città.

Recentemente riallestito ed ampliato, il Museo del Duomo presenta una varietà straordinaria di opere che illustrano la secolare gestazione della costruzione della cattedrale: le 27 sale espositive suddivise il 13 aree tematiche che comprendono anche il preziosissimo Tesoro del Duomo, ripercorrono tutta la storia del Duomo di Milano, dall’inaugurazione viscontea del 1386 agli importanti interventi dei Borromeo, fino alla realizzazione delle ultime porte bronzee novecentesche.

Il percorso espositivo è un vero e proprio viaggio nel tempo, che raccoglie e presenta le testimonianze artistiche di sei secoli di storia cittadina in cui tra capolavori d’arte, modelli lignei, guglie, vetratesculture, arazzi e pezzi d’archivio, si incontrano l’Evangeliario di Ariberto (XI secolo), la Madonna dell’Idea di Michelino da Besozzo (XIV secolo), le tele di Cerano con i Miracoli di San Carlo, la Disputa di Gesù nel Tempio di Tintoretto.

Il Museo del Duomo, con le sue oltre 200 opere esposte rappresenta  una chiave di lettura essenziale per comprendere la storia di Milano e diventa una vera e propria “cronaca illustrata” dell’arte della cattedrale dal XIV secolo ad oggi.

CASTELLO SFORZESCO

Uno degli edifici più emblematici della città lombarda, custode di tante opere d’arte, ospita al suo interno diversi musei: il Museo Archeologico  nelle due sezioni : sezione Preistoria e Protostoria e Sezione Egizia; il Museo dell’Arte Antica; la Pinacoteca che conserva una ricchissima collezione di dipinti, tra cui opere di Filippo Lippi, Antonello da Messina, Andrea Mantegna, Canaletto, Correggio, Tiepolo.  Il Museo d’Arti Decorative; il Museo degli Strumenti Musicali; il Museo del Mobile e delle Sculture lignee. Oltre ai musei citati, si possono visitare anche questi spazi espositivi: il Museo Pietà Rondanini, il Gabinetto Numismatico e delle Medaglie, la Sala delle Asse di Leonardo da Vinci, il Gabinetto dei Disegni e la Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”.

Il simbolo di Milano per il suo profilo immediatamente riconoscibile, è comunque, sicuramente, la Torre del Filarete, che deve il suo nome all’architetto rinascimentale Antonio Averulino detto il Filarete, il quale la progettò nel 1452. Un secolo dopo, nel giugno 1521 la torre, divenuta deposito di polvere da sparo, crollò. Quella attuale è il risultato di un’appassionata ricerca dell’architetto Luca Beltrami sui documenti e sulle fonti iconografiche, per ricostruirne l’aspetto rinascimentale. 

UNA CHICCA DA NON PERDERE
Collocata nel parco nel 1973 nei splendidi giardini del Castello Sforzesco c’è la fontana Bagni Misteriosi, che rappresenta la più grande opera scultorea di Giorgio De Chirico.

5 COSE CHE FORSE NON SAI 

1)DISTRUTTO DAI MILANESI, SALVATO DAI MILANESI

Per secoli il Castello Sforzesco è stato considerato dai milanesi simbolo dell’oppressione straniera, e per questo, più volte, i cittadini l’hanno attaccato, saccheggiato e tentato persino di demolirlo. Una volta (nel 1521) addirittura, quando era in mano ai francesi, la Torre del Filarete, trasformata in deposito di munizioni, esplose provocando danni consistenti alle murature. A fine ‘800 invece, mentre Napoleone si avvicinava e gli austriaci stavano per lasciare Milano, un gruppo di milanesi filofrancesi tenta l’attacco dell’odiata fortezza ma viene respinto. I francesi lo destineranno poi ad alloggio di circa 4000 uomini, mentre le sale affrescate furono utilizzate come stalle. Il Castello di oggi è il risultato di una complessa opera di restauro iniziata nel 1893 sotto la direzione di Luca Beltrami, e tutta la cittadinanza partecipò alla sottoscrizione pubblica per riportare il complesso all’antico splendore.

2)LA DONNA CHE SI RASA IL PUBE

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C’è un bassorilievo particolare nel castello: una donna che si rade il pube. Decisamente atipica come raffigurazione, si trova al Castello ma non è sempre stata lì: la donna ornava infatti uno degli ingressi alla città di Milano, Porta Tosa (Tosa che infatti in dialetto significa ragazza), divenuta Porta Vittoria dopo l’Unità d’Italia. E chi era quella Tosa? Una prostituta, dato che pettinarsi il pube era un’usanza frequente nel XII secolo fra le donne di strada per eliminare i pidocchi, ma la sua rasatura era una pena inflitta alle prostitute e alle adultere. E chi era quella prostituta? Probabilmente Beatrice di Borgogna, la moglie dell’odiatissimo Federico Barbarossa che nel 1162 aveva messo a ferro e fuoco la città. Secondo altri potrebbe essere Leobissa, l’imperatrice di Costantinopoli che negò ai cittadini milanesi l’aiuto per ricostruire la città distrutta dal Barbarossa.

3)C’E’ UNA SALA DEL TESORO

Vi si accede dal Cortile della Rocchetta, e il tesoro era quello di Ludovico il Moro, Duca di Milano ai tempi di Leonardo da Vinci. Un tesoro per lui e per la città: su quel patrimonio l’ambizioso Duca fondava tutto il suo programma di espansione militare e conquista del Nord Italia.

4)L’AFFRESCO MISTERIOSO SENZA TESTA

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Davanti alla sala del Tesoro si trova un affresco rovinato, sul quale sono state fatte diverse congetture. Attribuito in passato anche a Leonardo Da Vinci, c’è oggi generale accordo nel riconoscere l’autore nel Bramantino, secondo alcuni il più grande artista lombardo del Rinascimento, e il personaggio senza testa sarebbe Argo, gigante mitologico dai 100 occhi che non dormiva mai, e quindi poteva difendere il tesoro (scelta pessima perché la mitologia non lo descrive come un grande guardiano, dato che Ermes, messaggero degli dei, riuscì a farlo addormentare e a cavargli tutti i 100 occhi…).

5)IL TUNNEL SOTTERRANEO SEGRETO

Entriamo nella leggenda, perché sembrerebbe che dal sottosuolo del Castello Sforzesco si snoderebbe un corridoio, un passaggio segreto, che porta fino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Tra le cavità presenti nel sottosuolo del Castello c’è infatti un cunicolo il cui ingresso è visibile ma il cui percorso è bloccato da una frana mai rimossa. È un corridoio molto stretto e basso e, secondo la leggenda, si snoderebbe per il ventre della città per poi sbucare nel Santuario di Santa Maria delle Grazie, dove, a sua volta, si trova un buco cementato sul pavimento, in teoria l’altro accesso al cunicolo. Questo tunnel segreto sarebbe stata una via di fuga, ma anche la strada privata di Ludovico Sforza per andare a piangere la moglie Beatrice d’Este, prematuramente scomparsa, la cui tomba era proprio nel Santuario.

LA LEGGENDA DEL PRIMO SIMBOLO DI MILANO 

PIAZZA MERCANTI E LA LEGGENDA DELLA SCROFA SEMILANUTA 

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SCROFA SEMILANUTA 

La leggenda della scrofa narra una tradizione che i milanesi tendono a sorvolare e dimenticare, perché come la lupa è il simbolo di Roma, così la scrofa semilanuta rappresenta il mito che fonda Milano ed il paragone lascia un po’ a desiderare.

La scrofa infatti non è un animale tanto nobile, ma appartenendo al genere dei suini possiamo dire che porti  fortuna e abbondanza! Le sue rappresentazioni nella città meneghina sono molto rare, non banali, La troviamo nel bassorilievo di marmo di un capitello che sostiene uno degli archi del Palazzo della Regione in Piazza dei Mercanti , in uno stemma incastonato nel cortile di Palazzo Marino, sede  del Municipio e nella sala Alessi sul gonfalone ufficiale di Milano ai piedi dell’immagine di Sant’Ambrogio, infine  sopra le tre arcate esterne del passaggio Santa Margherita, all’inizio della omonima via.

La storia narrata da Tito Livio, racconta  che nel VI secolo avanti Cristo, il re celtico  dal none Ambigato  inviò i suoi due nipoti a colonizzare nuove terre. Pare che sia vero, che in quel periodo alcune tribù provenienti dalla Gallia transalpina attraversarono le Alpi raggiungendo anche l’Italia.

A questo punto il testo di Tito Livio si discosta dalla realtà storica puntando sulla mitologia.

Uno dei due fratelli  dal nome Belloveso, avrebbe avuto una visione in cui  gli appariva una femmina di cinghiale con la parte anteriore del corpo ricoperta da un pelo molto lungo, da qui il nome semilanuta, che pascolava in mezzo ad una fertile radura tra gli alberi, con ai bordi due corsi d’acqua.

La scrofa è considerata dai Celti un animale sacro e non a caso l’immagine della visione era identica a quella raffigurata sullo scudo di Belloveso.

Il condottiero interpretò  la visione come  un auspicio divino ed un invito  a  erigere in quel luogo una nuova città a cui dette il nome “Medhe-lan” che in gaelico significa “Terra di mezzo”, nome che poi venne trasformato nel latino “Medio-lanum” cioè “semi-lanuta”.

La scrofa semilanuta divenne per molti anni a seguire  il simbolo della città  fino a quando, in epoca medievale, i Visconti lo sostituirono con il celebre biscione.

UNIVERSITA’ STATALE 

L’attuale sede dell’università è un magnifico palazzo di mattoni rossi con le finestre più belle di tutta Milano. Un tempo era l’edificio dello “Spedale dei Poveri”, l’ospedale per la città, voluto da Francesco Sforza.

L’Ospedale Maggiore, detto Ca’ Granda, fu fondato il 12 aprile 1456 da Francesco Sforza e dalla moglie Bianca Maria Visconti per riorganizzare e concentrare l’assistenza ai malati poveri ricoverati fino allora in diversi ospedali sparsi per la città. Due corpi, uno per gli uomini e uno per le donne, suddivisi entrambi da quattro cortili interni quadrati, erano collegati fra loro da altri due cortili delle medesime dimensioni, fra i quali era collocata la chiesa, a formare un tracciato di dieci quadrati uguali.
Questo progetto originale fu così descritto dal suo autore, Antonio Averlino, detto il Filarete, nel celebre “Trattato di Architettura”. L’attuale assetto di questo grande complesso è anche frutto dell’opera di restauro iniziata nel 1953 da Piero Portaluppi e Liliana Grassi per adeguare l’antico edificio a sede dell’Università degli Studi di Milano. Da pochi mesi è possibile visitare la cripta e l’Archivio Storico della Ca’ Granda, situato ancor oggi nell’ala seicentesca di proprietà ospedaliera.

I 4 CHIOSCHI

Sulla parte destra del “Filarete”, il grande cortile d’onore del 1600 subito dopo l’entrata centrale, si sviluppano quelli che potremmo definire dei magnifici chiostri. Sono ben quattro e così nominati: Cortile Ghiacciaia, Cortile Legnaia, Cortile Farmacia, Cortile Bagni. I più suggestivi restano oggi i cortili Legnaia e Ghiacciaia, varcandoli infatti si avrà la sensazione di tornare indietro nel tempo fino al Rinascimento. L’accesso è libero e i loro porticati costituiscono il punto di ritrovo per decine e decine di studenti ogni giorno.

LA CROCIERA

Oggi la Crociera è la sala di studio e consultazione della Biblioteca della facoltà di Giurisprudenza,ma una volta era una delle due speculari strutture a 4 bracci che ospitavano i malati dell’ospedale. Era dotata di 24 acquaioli (lavandini in pietra), gabinetti (detti necessaria) ed enormi camini per il riscaldamento. Inoltre accanto a ogni letto si trovava una finestrella in muratura con funzioni di armadietto e dotata di usciolo di legno a ribalta (ribaltina) che fungeva da tavolino, per consentire ai pazienti di pranzare seduti.  Alcune tracce di questo arredamento sono ancora ben visibili tra i banchi della Biblioteca.

LA CHIESA E LA CRIPTA

Oltre ai chiostri, alle biblioteche e alle aule per le lezioni, all’interno dell’università si trova anche la Chiesa della Beata Vergine Annunciata, sconosciuta cappella interna all’antico Ospedale, che nasconde nei suoi sotterraneiuna Cripta anch’essa di epoca secentesca e si pensa che custodisca i resti di circa 150 mila pazienti ospedalieri deceduti fra il 1637 e il 1695. Lo stesso luogo ha ospitato anche le spoglie dei caduti delle Cinque Giornate di Milano, prima che venissero spostate nel monumento dell’omonima piazza.

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